Un robot aspirapolvere è un dispositivo elettronico utilizzato come aiuto concreto o sostegno alle pulizie domestiche più tradizionali. Parliamo quindi di compiti semplici come aspirare la polvere da pavimenti e tappeti, magari pulire con acqua e sapone, insomma ognuno con le sue funzioni e le sue caratteristiche che generalmente chi lo acquista dovrebbe considerare prima di investire qualsiasi cifra. Ovviamente i robot non sono solo questo, se pensiamo che essi diventano parte integrante della tecnologia già presente in casa, ad esempio connettendosi alla rete domestica, motivo per cui vi sono anche altri aspetti che andrebbero presi in considerazione. Uno su tutti è la privacy e non da meno la sicurezza.

Quali sono i rischi legati alla privacy
Tutto parte dalla Technology Review (MIT). Autunno 2020. Un’aspirapolvere scatta delle fotografie che finiscono a una startup che si occupa di intelligenza artificiale. Poi misteriosamente su Facebook. Così riporta la Repubblica nel suo articolo. Immagini rubate e finite sui social. Probabilmente avete seguito la vicenda che ha messo al centro della discussione un tema molto importante quello della privacy coinvolgendo proprio un noto marchio di robot aspirapolvere: Roomba. Stando a quanto riportato da diverse testate giornalistiche alcune foto, anche intime, scene di vita quotidiana, sono finite sui social. Questo perché i nostri amati o odiati robot sono sempre connessi, e spesso devono interfacciarsi con aziende esterne che si occupano di gestire l’intelligenza artificiale. Tutto questo sistema è ovviamente finalizzato a migliorare i prodotti, capire ad esempio se l’oggetto X o Y era realmente un ostacolo o se fosse un errore di programmazione. Cosa c’è di vero in questo? Beh la storia non è inventata, e in effetti questa società così detta di terze parti è stata effettivamente coinvolta in questo scandalo, ma la stampa italiana, non quella specializzata, non è voluta andare troppo oltre. Infatti la notizia raccontata così è davvero drammatica, ma il robot rimasto colpito dalla vicenda era un modello del tutto sperimentale e non destinato alla vendita, tanto che le persone che lo hanno ricevuto – si parla di dipendenti del gruppo – firmarono un apposito accordo, e il robot stesso era in grado di segnalare ai residenti quando entrava in modalità ripresa.
E’ quindi tutta una fake news? Non proprio.
Ragioniamo in termini più spicci, tutti i dispositivi oggi connessi a partire dal semplice smartphone hanno accesso a una quantità infinita di dati personali, talvolta è possibile negare i consensi, in altri casi è impossibile. Non è possibile farlo quando decidiamo di possedere un account Google o Facebook, quando utilizziamo il GPS per navigare in Maps e così’ via. Molte applicazioni legate al mondo degli indossabili (smartwatch) si avvalgono di applicazioni ed aziende esterne a cui affidiamo i nostri dati. Senza contare le VPN gratuite ma anche un semplice gioco su Android. Si potrebbe parlare anche di VPN NON gratuite, una su tutte, che ancora oggi a me suscita dubbi. Chi utilizza sistemi di videosorveglianza domestica sarà a conoscenza del fatto che utilizza un cloud, gratuito o a pagamento che trattiene video e immagini del proprio appartamento. Se parliamo di dati nudi e crudi non c’è scampo, tutti conoscono le nostre abitudini e prima o poi troveranno il modo di farci comparire il prodotto che stiamo cercando tra gli annunci pubblicitari. Non credo che però debba spaventare solo questo, certo non è così piacevole, ma il tema principale dovrebbe essere la sicurezza. Un dispositivo connesso alla rete ci espone a dei rischi che probabilmente non siamo del tutto in grado di controllare. La domotica e i così detti prodotti Smart esistono già da tanti anni ma si sente parlare poco di sicurezza e privacy. Eppure oggi esistono serrature intelligenti, videocamere che riconoscono qualsiasi oggetto, frigoriferi intelligenti e forni che scaldano la nostra cena ancora prima di rientrare in casa. Tutto sempre connesso. Entrare in possesso di una rete potrebbe significare aprire la porta di casa, e dico proprio letteralmente. Il fatto che non sia semplice e alla portata di tutti non è certo un sistema di sicurezza a cui possiamo affidarci. Anche i modi per arginare i sistemi di sicurezza si evolvono, oggi i tentativi di furto di dati o identità passano anche dalle pubblicità, da applicazioni e siti web clonati; potremmo aver adottato tutte le misure di sicurezza del caso per poi cadere nella trappola e scaricare una versione malevole dell’app che gestisce l’apertura delle tapparelle, del lavapavimenti, la stazione meteo fighissima che guardiamo tutte le mattine prima di uscire di casa. Tra le tante notizie che puoi trovare in rete: “Una vulnerabilità di Google Home ha messo a rischio le vostre conversazioni” di tuttoandroid.net.
La società di sicurezza tedesca Security Research Labs ha dimostrato come è possibile bypassare “con facilità” i sistemi di sicurezza degli assistenti virtuali di Google e Amazon per spiare gli utenti e ottenere password e dati sensibili | www.dday.it
Amazon ha acquistato iRobot
Non so se poi sia un caso o meno, ma ad acquistare iRobot ci ha pensato Amazon con un’operazione da 1,7 miliardi di dollari. E’ l’azienda che produce appunto Roomba. Non credo che ci sarà modo di fermare questa continua ricerca sulla connessione tra dispositivi (vedremo integrazioni con Alexa ovviamente), passando sempre però per quelli che sono anche dati potenzialmente molto sensibili, come la perimetria di un appartamento. Mediamente poi un utente fa lavorare il proprio robot quando non è in casa, questo dato ripetuto in un lungo periodo di tempo rappresenta a tutti gli effetti il nostro stile di vita, con orari di uscita ed entrata. Questo vale per la casa come per l’ufficio. Cosa succede se questi dati finiscono nelle mani sbagliate? E questi ladri del futuro non devono necessariamente hackerare i server di Amazon, talvolta questa mole di informazioni vengono rivendute o finiscono sul mercato nero… o dark web che sia (non si sa mai come). Ma poco cambia dove finiranno, qualcuno li utilizzerà. Sul futuro resto sempre più convinto che tanti dispositivi saranno ospitati su Blockchain, ne ho parlato in un articolo dedicato a IoTeX. UCam è la prima telecamera di sicurezza domestica basata su blockchain e vuole proprio risolvere uno dei problemi legati alla videosorveglianza, non solo domestica, e ai dati sensibili che vengono trattenuti, o che possono essere rubati. Per quanto io creda nel futuro IoT, la strada che percorrerei non è quella di affidare la propria identità a sistemi completamente centralizzati a cui cediamo troppe informazioni per avere in cambio un comando vocale o un prodotto che faccia le pulizie al posto nostro.